Quanto può essere divertente per un bambino studiare il comportamento dell’acqua allo stato solido? Moltissimo…se può farlo in modo naturale!
I bambini sono scienziati e molti dei loro giochi sono veri e propri esperimenti scientifici attraverso i quali scoprono e comprendono il mondo.
Nell’antichità lo studio dei fenomeni naturali si inquadrava in una visione dell’universo di carattere metafisico. I filosofi osservavano un fenomeno e poi, attraverso ragionamenti logici, fornivano una spiegazione che veniva accettata come vera se rispondente a criteri di ragionevolezza, senza necessità di verifica sperimentale. A partire dal XV secolo però, di fronte al progresso della tecnica, questo approccio cominciò a rivelare tutta la sua inadeguatezza e a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, in aperta contrapposizione con i dogmi religiosi e il pensiero metafisico, Galileo Galilei formalizzò il Metodo Scientifico, la modalità con cui ancora oggi la scienza procede per elaborare una descrizione razionale e oggettiva della realtà.
Il punto di partenza del metodo scientifico è l’osservazione del fenomeno e la sua analisi quantitativa, cioè il fenomeno viene misurato, quindi viene formulata un’ipotesi che deve essere verificata attraverso la sperimentazione. Se la verifica è positiva, l’ipotesi è vera e si può formulare una legge; se è negativa, è falsa e occorre tentarne un’altra. I passaggi fondamentali quindi sono:
- Osservazione e individuazione del problema;
- Formulazione dell’ipotesi;
- Verifica sperimentale;
- Analisi dei dati;
- Enunciazione della legge.
Ma cosa c’entra tutto questo con i bambini? Ebbene quello che per noi adulti é stato un passo fondamentale per il progresso della scienza e della tecnica, loro lo fanno da sempre! Al pari di Galileo Galilei, nei primi anni di vita i bambini scoprono il mondo applicando il metodo scientifico:
- osservano ciò che li circonda,
- si fanno domande su ciò che percepiscono,
- formulano ipotesi,
- le verificano attraverso un’azione diretta sulla realtà,
- infine sviluppano le loro personali teorie.
Queste teorie non sono sempre esatte ma, poiché sono frutto dell’esperienza personale, sono estremamente difficili da scardinare ed é interessante notare, come afferma H. Gardner in Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Feltrinelli, Milano, 1993, quanto spesso, finiti gli studi, gli adulti tornino ad esse cancellando con un colpo di spugna anni di apprendimenti scolastici. Perché? Perché quegli apprendimenti non erano significativi, erano completamente slegati dall’esperienza personale. Perché tutti noi impariamo e comprendiamo davvero solo se abbiamo la possibilità di farlo attraverso l’esperienza ed é quindi fondamentale che gli adulti di riferimento sappiano interpretare correttamente quella che, attraverso l’attività di gioco, é un’esperienza di apprendimento significativo, sostenendola offrendo al bambino l’opportunità di fare le migliori esperienze e di utilizzare i migliori strumenti per condurla.
Queste azioni dirette di verifica della realtà, dunque, si svolgono all’interno di quell’attività che noi chiamiamo “gioco” e che altro non è, dal punto di vista del bambino, che la verifica delle proprie ipotesi sul funzionamento del mondo. Il bambino, attraverso il gioco libero e spontaneo, applica il metodo scientifico e apprende ma, affinché le ipotesi possano essere confermate e, soprattutto, affinché si verifichi un apprendimento significativo, il gioco (la sperimentazione) deve essere ripetuto molte volte. Quando il bambino cerca gli stessi materiali, ripropone la stessa situazione, uno stesso gesto in maniera consecutiva e continuativa o anche quando ci ritorna dopo un tempo molto lungo, sta facendo una verifica d’ipotesi e quando ha capito, abbandona il gioco, ha imparato. Pensiamo ad esempio ad una delle attività più amate dai bambini e più aborrite dai genitori: saltare nelle pozzanghere. Perché per i bambini é così interessante? Quali domande sostiene? Proviamo ad ipotizzarne qualcuna:
- Posso io, con le mie azioni, modificare l’ambiente circostante? (La consapevolezza di poter agire sull’ambiente e nell’ambiente genera senso di sé, alla base della costruzione dell’autostima.)
- Che consistenza ha l’acqua? Quando e perché si trasforma in fango? Come reagisce il fluido alla mia sollecitazione?
- Quanta forza le mie gambe devono applicare affinché gli schizzi raggiungano un determinato punto?
- Quale posizione il mio corpo deve assumere affinché io possa raggiungere l’obiettivo?
Questo incessante lavoro di ricerca, questo immenso sforzo di comprensione, va a plasmare la struttura cognitiva del bambino, la quale controllerà poi il pensiero e il comportamento trasformandolo in un individuo che agisce nel suo contesto. Sostenerlo in maniera adeguata può fare la differenza perché può renderlo consapevole delle sue azioni.
I bambini sono apprendisti attivi, la loro curiosità li spinge a esplorare, a sperimentare e scoprire da soli come funziona la realtà che li circonda, il contesto in cui vivono, il mondo che li ospita. Ma in quale realtà, in quale contesto e in quale mondo noi permettiamo loro di svolgere le loro ricerche durante i primi anni di vita? Affinché i loro apprendimenti siano significativi, il contesto in cui si muovono deve essere stimolante, suscitare l’azione e permettere loro di sperimentare; di più, i loro esperimenti devono essere autentici, il mondo in cui agiscono deve essere reale. Appare chiaro dunque come il ruolo di un adulto consapevole debba essere quello di facilitare l’azione del bambino fornendo ambienti funzionali, esperienze significative e strumenti adeguati (principalmente in età evolutiva ma anche dopo) che non siano calati dall’alto ma frutto dell’osservazione di quelli che sono gli interessi, le necessità e le esperienze che il bambino mostra di voler condurre in quel particolare momento evolutivo.
Sostenere i bambini in questo approccio attivo, partecipativo, scientifico ed ecologico è necessario ed è utile tanto al loro presente quanto al loro futuro ma per farlo bisogna cambiare radicalmente le loro e le nostre vite e aiutarli a frequentare il fuori piuttosto che il dentro, il complesso piuttosto che il semplice, l’ambiente naturale piuttosto che quello artificiale, le relazioni piuttosto che gli schermi, le domande piuttosto che le risposte, i problemi piuttosto che le soluzioni. Può essere difficile ma i nostri bambini sono parte di un mondo complesso, connesso ed instabile e solo una profonda formazione ecologica può renderli capaci di abitarlo.
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