La Piscina Mirabilis

Da tempo mi ripromettevo di visitare la Piscina Mirabilis, un luogo simbolo dei Campi Flegrei e della grandezza dell’Impero Romano e, sebbene il collegamento non sia evidente, un luogo che testimonia l’antico e profondo legame tra l’uomo e la natura.

Opere come questa ci mostrano più di ogni altra la dipendenza dell’uomo dalla natura e dalle sue risorse e ci permettono di riflettere su quanto ancora oggi sia così: la natura non sostiene soltanto le nostre necessità primarie (acqua, cibo, medicinali ecc.) ma anche lo sviluppo tecnologico perché i materiali che utilizziamo e rielaboriamo sono ancora oggi quelli che la natura ci mette a disposizione. Così anche quegli oggetti, quelle opere dall’aspetto più squisitamente artificiale, che mai collegheremmo alla natura, ne sono invece il frutto.

La Piscina Mirabilis è incredibilmente intrisa di natura. Di più: deve la sua stessa esistenza alla natura che l’accoglie.

In un territorio scarso di sorgenti, la cisterna che oggi chiamiamo “Piscina Mirabilis” grazie alle parole di Francesco Petrarca, fu creata nella collina prospiciente il porto di Miseno per rifornire di acqua dolce i vogatori della Flotta Militare Romana. Alta 15 metri, lunga 70 e larga 25, la cisterna fu interamente scavata nel tufo giallo, un materiale straordinario messo in posto 10.000 anni prima dall’intensa attività vulcanica flegrea, così versatile e così facilmente lavorabile da consentire di realizzare senza difficoltà quella che era tra le cisterne più grandi mai costruite dall’Impero: con una capacità di 12.000 metri cubi era seconda solo a quella della Basilica di Istanbul.

Non solo il tufo tra le risorse naturali straordinarie impiegate per realizzarla

Tutto il tufo che veniva estratto per svuotare la collina veniva impiegato come materiale da costruzione per le ville e lo sviluppo urbanistico in superficie, mentre all’interno le pareti della cisterna venivano impermeabilizzate e rese adatte allo scopo grazie all’impiego di un’altra risorsa naturale abbondante nella zona: la pozzolana, una cenere vulcanica che opportunamente lavorata con la sabbia di fiume o di mare dava origine ad un legante idraulico in grado di fare presa anche sott’acqua e di durare straordinariamente a lungo.

Al centro della cisterna, una piscina limaria fungeva da vasca di decantazione

Questo permetteva di purificare l’acqua in entrata e di raccogliere quella che era ancora una volta una risorsa preziosissima messa a disposizione dalla natura: il limo, una fanghiglia trasportata dall’acqua che rendeva i suoli fertili e fecondi, una risorsa straordinaria per l’agricoltura.

Ma come poteva essere riempita d’acqua una cisterna di tali dimensioni in un territorio che di acqua ne aveva poca?

Semplice (si fa per dire): portandola fin li da dove essa abbondava, direttamente dal cuore blu della Campania: i monti Picentini. La Piscina mirabilis costituiva infatti il serbatoio terminale, l’ultima tappa di uno dei più grandi acquedotti romani: l’acquedotto Augusteo. Realizzato fra il 33 e il 12 A.C., quello che oggi è noto come “l’Acquedotto Romano del Serino” captava l’Aqua Augusta Campaniæ direttamente dalla Fontis Augustei sull’altopiano carsico del monte Terminio e la convogliava per caduta fino alla Piscina Mirabilis, dopo un viaggio di 96 km.

Ma l’acquedotto non serviva solo a questo. Con le sue numerose diramazioni, esso rappresentava una vera e propria rete idrica regionale che riforniva otto città e svariate villae: Nola, Pompei, Acerra, Herculaneum, Atella, Pausilipon, Nisida, Puteoli, Cumae e Baiae vivevano grazie alla più fondamentale delle risorse: l’acqua dolce, portata fin li dall’ingegno e dalla competenza dei curator aquarum di Roma ma generata, rigenerata e messa a disposizione dall’unica banca che dovremmo difendere a tutti i costi: la natura.

La Piscina Mirabilis si trova a Bacoli, in via Campi Elisi 1 ed è raggiungibile in auto parcheggiando presso uno dei parcheggi vicini al corso oppure con il treno EAV “Cumana” Linea L9 fino al capolinea di Torregaveta e da qui con l’autobus “Baia – Torregaveta”, fermata Bacoli centro.

Da non perdere nei dintorni

l’opera di Jorit “La Sibilla Cumana” nel centro storico di Bacoli

la Casina Vanvitelliana sul lago Fusaro,

il Parco Archeologico delle Terme di Baia e quello di Cuma,

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la passeggiata di Torrefumo

la visita al Monte Nuovo, il più giovane dei crateri Flegrei che sorveglia dall’alto il lago d’Averno e i ruderi del Tempio di Apollo.

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