Come quasi tutti sappiamo, anche a partire dalle nostre esperienze personali, il contatto con la natura è uno strumento estremamente efficace per migliorare la salute psicofisica e la qualità della vita delle persone. Lo sanno i newyorkesi che scelgono Central park come palestra all’aperto come i Napoletani che prediligono il Real Bosco di Capodimonte per passeggiare con i loro amici a quattro zampe. Nelle città di tutto il mondo le persone che hanno bisogno di riposare, distendere i nervi e recuperare il benessere perso scelgono le aree verdi come parchi urbani e giardini perché nessun rimedio è più potente dell’immersione in natura per ricostituire benessere e serenità e, non a caso, la crescita dell’inurbamento (e la privazione di contesti naturali) va di pari passo con l’aumento dei disturbi di origine psichica. Negli Stati Uniti quasi un adulto su cinque convive con una malattia mentale e il trend non si discosta molto dalla situazione mondiale: circa 450 milioni di persone oggi combattono contro qualche disturbo mentale o neurologico, sebbene solo circa un terzo di esse si sottoponga a trattamenti specifici. Numerosi sono gli studi scientifici che negli ultimi anni hanno dimostrato come le esperienze in natura possano giovare al benessere psicologico e alla funzione cognitiva (ne abbiamo parlato anche qui), ma è possibile quantificare tali benefici? Ci è riuscito finalmente un team internazionale di ricerca guidato dall’Università di Washington e dall’Università di Stanford, il quale ha elaborato un modello che può consentire a urbanisti, architetti e progettisti di tutto il mondo di misurare concretamente i benefici apportati dalla natura alla salute mentale dei cittadini e integrarli finalmente nei piani e nelle politiche di sviluppo urbano per migliorare la vivibilità delle città e la salute mentale dei cittadini. Lo studio, che ha riunito oltre due dozzine di esperti di spicco delle scienze naturali, sociali e della salute che si occupano di come la natura possa giovare al benessere umano, è apparso il 24 luglio scorso su Science Advances e promette di divenire uno strumento innovativo indispensabile per permettere ad urbanisti, architetti del paesaggio, sviluppatori ecc. di misurare concretamente gli impatti sulla salute mentale delle decisioni relative all’ambiente. In molti casi lo si fa già in relazione ad altri aspetti della salute umana, ad esempio gli alberi vengono piantati nelle città per migliorare la qualità dell’aria o ridurre gli effetti delle isole di calore urbane e i parchi sono costruiti in quartieri specifici per incoraggiare l’attività fisica, ma queste azioni di solito non incidono direttamente sui benefici per la salute mentale che gli alberi o un parco restaurato potrebbero fornire o quantomeno non vengono progettate in base a questo. “L’obiettivo di questo lavoro è proprio quello di fornire un modello concettuale attraverso cui cominciare a farlo” spiega Greg Bratman, autore principale dello studio e assistente presso la UW School of Environmental and Forest Science. “Per millenni molte culture, tradizioni e pratiche religiose e spirituali diverse hanno parlato direttamente della nostra profonda relazione con la natura e più recentemente l’analisi del fenomeno attraverso un approccio interdisciplinare che comprende le scienze umane, mediche e ambientali nonché l’architettura del paesaggio e le scienze urbanistiche, ha dato ulteriori prove di quanto osservato empiricamente, pertanto é importante riflettere e tenere conto dei benefici immediati che il contatto con la natura ha sulla salute mentale quando pianifichiamo la conservazione della natura e cerchiamo di integrarla nelle nostre città”. Il team di ricerca ha dunque sviluppato un modello concettuale che può essere utilizzato per prendere decisioni significative e informate sui progetti ambientali e su come essi possano avere un impatto sulla salute mentale. Esso comprende quattro passaggi che i pianificatori devono considerare: elementi della natura inclusi in un progetto, ad esempio nella progettazione di una scuola, di un quartiere ecc, la quantità di contatti che le persone avranno con essi, come le persone interagiranno con la natura e in che modo potranno beneficiare di tali interazioni, sulla base delle più recenti prove scientifiche. “In centinaia di studi, l’esperienza nella natura è associata ad una maggiore felicità, impegno sociale e gestibilità dei compiti della vita, nonché a una riduzione del disagio mentale”, afferma l’autore senior Gretchen Daily, direttore della facoltà presso lo Stanford Natural Capital Project. “Inoltre, l’esperienza della natura è legata al miglioramento del funzionamento cognitivo, della memoria e dell’attenzione, dell’immaginazione e della creatività e delle prestazioni scolastiche dei bambini. Questi collegamenti abbracciano una pluralità di dimensioni della vita e le conferiscono scopo e significato”, eppure le opportunità di esperienza in natura si stanno contraendo sensibilmente per molte persone in tutto il mondo a causa del continuo inurbamento e della scarsa considerazione dei benefici della natura nella progettazione urbana. “Siamo entrati nel secolo urbano, con i due terzi dell’umanità proiettati a vivere nelle città entro il 2050” afferma ancora Bratman, “allo stesso tempo, è in atto un risveglio ai molti valori della natura e ai rischi e ai costi della sua perdita. Questo nuovo lavoro può aiutare a quantificare gli investimenti in vivibilità e sostenibilità delle città del mondo. Se le prove mostreranno che il contatto con la natura aiuta a respingere gli impatti negativi di altri fattori ambientali sulla salute, allora la nostra considerazione nei suoi confronti cambierà totalmente e la conservazione della natura potrà finalmente essere considerata una questione di giustizia ambientale e un diritto fondamentale dell’uomo. Se così fosse, il modello potrebbe essere sviluppato e potenzialmente utilizzato addirittura per aiutare a risolvere le disparità sanitarie nelle comunità più depresse”. I ricercatori concordano dunque sul fatto che la natura possa ridurre i fattori di rischio per alcuni tipi di malattie mentali e migliorare il benessere psicologico e sperano che questo strumento possa essere particolarmente utile nel considerare le possibili ripercussioni sulla salute mentale dell’aggiunta o della rimozione della natura nelle comunità urbane. Lo speriamo anche noi.
Per ulteriori informazioni è possibile contattare il Prof. Bratman all’indirizzo bratman@uw.edu e il Prof. Daily all’indirizzo gdaily@stanford.edu oppure scaricare l’intera pubblicazione da qui.