Riconosciuta la figura dell’educatore ambientale

La legge
È di pochi giorni fa la notizia dell’approvazione del DDL Iori, una legge che regolamenta, finalmente, la figura e il ruolo degli educatori e dei pedagogisti italiani e che, incredibile ma vero, cita espressamente anche gli educatori ambientali. Nell’articolo 3 del testo di legge infatti, si specifica che:
l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista (differenti dall’operatore socio-sanitario, regolamentato dalla stessa legge ma caratterizzato da percorsi e ambiti di intervento differenti) operano nei servizi e presidi socio-educativi e socio-assistenziali limitatamente agli aspetti socio-educativi e i loro ambiti prioritari di intervento fanno riferimento a quello educativo e formativo, scolastico, socio-sanitario e della salute, limitatamente agli aspetti socio-educativi, socio-assistenziale, della genitorialità e della famiglia, ambientale, culturale, sportivo e motorio, giudiziario, dell’integrazione e della cooperazione internazionale.
L’articolo 4 elenca poi le diverse tipologie di servizi pubblici e privati nei quali l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano:
servizi educativi per lo sviluppo della persona e della comunità territoriale; servizi educativi da 0 a 3 anni; servizi extrascolastici per l’infanzia, nonché per l’inclusione e la prevenzione del disagio e della dispersione scolastica; servizi educativi nelle scuole; servizi per la genitorialità e la famiglia; servizi educativi per le pari opportunità; servizi di consulenza tecnica d’ufficio nei procedimenti giudiziari di diritto di famiglia; servizi educativi di promozione del benessere e della salute; servizi educativi, ludici, artistico-espressivi e del tempo libero per soggetti di ogni età; servizi per anziani; servizi di educazione formale e non formale per adulti; servizi per l’integrazione degli immigrati e dei rifugiati e per la formazione interculturale; servizi di educazione ambientale e sui beni culturali; servizi educativi nel campo dell’informazione e della comunicazione; servizi educativi nei contesti lavorativi e nei servizi di formazione, collocamento, consulenza; servizi per la rieducazione e la risocializzazione di soggetti detenuti e servizi di assistenza ai minori coinvolti nel circuito giudiziario e penitenziario; servizi per l’aggiornamento e la formazione iniziale di educatori e di pedagogisti.
In sostanza a partire dal prossimo anno nessuno potrà più improvvisarsi educatore ma potrà fregiarsi di questo titolo e lavorare come tale soltanto chi è in possesso di una laurea in Scienze dell’Educazione o della Formazione, così come definito negli articoli 7 e 10:
la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita a chi consegue un diploma di laurea nella classe di laurea L-19, Scienze dell’educazione e della formazione; la qualifica di pedagogista è attribuita a chi consegue un diploma di laurea magistrale abilitante nelle classi di laurea magistrale: LM-50, Programmazione e gestione dei servizi educativi; LM-57, Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua; LM-85, Scienze pedagogiche; LM-93, Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education. Gli sbocchi occupazionali dei laureati nella classe delle lauree in scienze dell’educazione e della formazione (classe L-19) riguardano attività di educatore e animatore socio-educativo nelle strutture pubbliche e private che gestiscono o erogano servizi sociali e socio-sanitari (residenziali, domiciliari, territoriali) previsti dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. 328/2000) e riguardanti famiglie, minori, anziani, soggetti detenuti nelle carceri, stranieri, nomadi, servizi culturali, ricreativi, sportivi, di educazione ambientale.
Per tutelare quanti svolgono già la professione in assenza di un titolo e quanti provengono da percorsi formativi differenti non mancano le norme transitorie, definite nell’articolo 13, nelle quali viene specificato che:
la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita automaticamente a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono in possesso di un diploma o di un attestato riconosciuto equipollente a un diploma di laurea della classe L-19 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. E’ altresì attribuita a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono assunti con contratto a tempo indeterminato negli ambiti professionali indicati nel testo, e che abbiano o almeno 50 anni di età e 10 anni di servizio ovvero 20 anni di servizio. Si prevede inoltre che, in via transitoria – evidentemente in casi diversi da quelli sopra indicati – la medesima qualifica è acquisita, previo superamento di un corso intensivo di formazione, da chi alla data di entrata in vigore della legge sia inquadrato nei ruoli delle pubbliche amministrazioni con il profilo di educatore, a seguito di un pubblico concorso; abbia svolto l’attività di educatore per almeno 3 anni, anche non continuativi, dimostrata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione; sia in possesso di un diploma abilitante rilasciato da un istituto magistrale o da una scuola magistrale entro l’anno scolastico 2001-2002. Tale riferimento ricomprende sia i diplomi rilasciati all’esito dei corsi di studio ordinari delle scuole magistrali e degli istituti magistrali, sia i diplomi conseguiti al termine dei corsi sperimentali delle medesime istituzioni scolastiche, autorizzati con Circolare Ministeriale 11 febbraio 1991, n. 27. Con riguardo ai diplomi rilasciati entro l’a.s. 2001-2002 all’esito dei corsi sperimentali, si rammenta, infatti, che il valore abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria è stato riconosciuto con D.I. 10 marzo 1997. In particolare, il corso intensivo di formazione – da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza – deve essere intrapreso entro 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge e comportare l’acquisizione di 60 crediti formativi. Le modalità di accesso e di svolgimento del corso e della prova scritta finale devono essere definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Si stabilisce peraltro sin da ora che il corso è organizzato dai Dipartimenti e delle Facoltà di Scienze dell’educazione e della formazione e che le relative spese sono poste integralmente a carico dei frequentanti, con modalità stabilite dalle università. Infine, si prevede che coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano svolto l’attività di educatore per almeno 12 mesi, anche non continuativi, documentata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione, possono continuare ad esercitarla, senza potersi in nessun caso avvalere della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico. Negli ambiti professionali e nei servizi indicati dagli articoli 3 e 4 del provvedimento in esame, il mancato possesso della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore professionale socio-sanitario non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale, o per la modifica (anche di ambito), in senso sfavorevole al prestatore, dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della legge.

Cosa cambia per gli educatori ambientali
Sebbene l’approvazione di una simile legge possa spaventare tutti quegli educatori che provengono dalle lauree in Scienze naturali, ambientali e biologiche, essa rappresenta un passo fondamentale nel riconoscimento di una professione che, troppo spesso, non viene sufficientemente riconosciuta nella sua complessità e nella sua importanza. Nonostante la vastità delle conoscenze che essa presuppone nonché delle strategie didattiche altamente specifiche che richiede infatti, ad eccezione di poche regioni la figura dell’educatore ambientale nel nostro paese non esiste, non è riconosciuta come una specifica professione e, di conseguenza, non esiste una formazione dedicata. In genere coloro che svolgono attività di educazione ambientale provengono proprio dal campo delle scienze naturali e portano con se un solido e fondamentale bagaglio culturale per quel che concerne gli aspetti scientifici, che forniscono i concetti e le conoscenze basilari per poter leggere e interpretare l’ambiente naturale e le relazioni che con esso intrattiene la specie umana, ma che dire delle conoscenze pedagogiche basilari per la conoscenza della psicologia dell’apprendimento, per la progettazione e la valutazione degli interventi formativi, per la gestione delle dinamiche relazionali di gruppo e così via? Ecco allora che le conoscenze scientifiche da sole non bastano e l’educatore, il quale ha la responsabilità della relazione educativa e dello sviluppo della personalità ecologica dei suoi interlocutori, da solo non sempre riesce a colmare tali lacune e autoformarsi adeguatamente senza mettere mai fine a quel processo di rivoluzione personale che porta a educare per primi se stessi e poi tutti gli altri. Spesso e volentieri poi, educatore ambientale si improvvisa chi non possiede neppure adeguate competenze naturalistiche ma è mosso da passione naturalistica o coscienza civica rispetto ad una particolare problematica come la produzione di rifiuti, la mobilità sostenibile ecc. Nonostante le attività dei tanti “educatori volontari” siano preziose e spesso significative, non è accettabile però che l’educazione all’ambiente e il suo portato di responsabilità resti in carico a forme di esercizio volontario ma richiede al contrario impegno, specializzazione e professionalizzazione costanti. Inoltre non è infrequente imbattersi in “educatori” interessati esclusivamente a promuovere prodotti o attività che con l’educazione ambientale sono addirittura agli antipodi, come avviene nel caso delle associazioni venatorie e di falconeria, degli Owl bar, dei delfinari ecc., che sfruttano in maniera più o meno cruenta gli animali spacciandosi per strumenti didattici e trascurando per ignoranza o volontà il messaggio negativo legato allo sfruttamento e alla coercizione di altre specie sotteso all’utilizzo di un simile mezzo. Con questa legge finalmente si assumono come basilari e irrinunciabili le conoscenze pedagogiche di base e si afferma chiaramente che l’educatore ambientale è in primis un educatore e che quando parliamo di “educazione ambientale” stiamo parlando per prima cosa di un evento educativo; “ambientale” è in fin dei conti un aggettivo qualificativo che ne precisa e restringe il campo d’azione, pertanto tutela quanti di noi sono arrivati a questo lavoro seguendo determinati percorsi ma, a partire da ora, stabilisce qual è quello da seguire. Inoltre essa ci mette al riparo da quei soggetti che, mossi da interesse personale, svolgono male le attività educative e danneggiano l’intera categoria. Perché con questa legge, finalmente, siamo una categoria, siamo riconosciuti ufficialmente ed abbiamo un preciso campo d’azione e se questo è già di per se un passo importante lo è ancora di più in questo momento. In occasione dell’anno scolastico 2015 infatti, è stata lanciata dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, la pubblicazione delle nuove linee guida per l’educazione ambientale elaborate da un gruppo di lavoro interministeriale. La collaborazione tra i due Ministeri si è rafforzata nel 2016, con la firma di un protocollo d’intesa sull’educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile nelle scuole, nel quadro del PON Scuola 2014-2020. Per presentare e concretizzare l’accordo si è svolta a Roma, il 22-23 novembre 2016, la seconda conferenza nazionale sull’educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile, a conclusione della quale due Ministri hanno sottoscritto una Carta nazionale. L’educazione ambientale sta quindi acquisendo nuovo slancio ed è ora più importante di prima che l’educatore ambientale sia una figura ufficiale, con competenze e ambiti di intervento definiti.

Le prospettive
Con l’approvazione di questa legge e il riconoscimento della figura dall’educatore si dischiudono nuove possibilità e si tracciano nuove strade. Quanto saranno percorribili dipenderà molto da noi e da quanto saremo in grado di unirci e di fare categoria. Con la Buona Scuola, ad esempio, l’educazione ambientale diventa materia di studio obbligatoria per tutti gli Istituti di Istruzione Primaria di I grado per un’ora a settimana. Al momento è previsto che a farsene carico siano gli insegnanti col curriculum più rispondente, ma nel momento in cui la nostra professione e tutto il nostro bagaglio di esperienze vengono riconosciuti e ufficializzati perchè non chiedere che siamo proprio noi, educatori ambientali professionali, a svolgere il nostro lavoro nella scuola o a formare i docenti affinchè possano farlo meglio? L’educazione ambientale infatti è di per se una materia trasversale, interdisciplinare, che richiede una tale vastità di conoscenze e strategie didattiche così specifiche, oltre al fatto che non può prescindere dal contatto con la natura e con il territorio, che negli anni gli insegnanti sensibili a tali tematiche e determinati a educare all’ambiente i propri alunni hanno cercato aiuto all’esterno, rivolgendosi sempre di più alle associazioni e alle strutture territoriali che offrono attività didattiche e laboratoriali specifiche, riconoscendo la necessità di rivolgersi a professionisti esterni e, di fatto, legittimando la presenza di questi ultimi nella scuola. Al contrario, il rischio è che si banalizzi l’educazione ambientale riducendola a come fare la raccolta differenziata, collocandola così in una prospettiva di educazione civica piuttosto che scientifica, rinunciando alla comprensione di concetti fondamentali per uscire dalla crisi ambientale come l’impronta ecologica, la capacità portante del pianeta, la resilienza degli ecosistemi ecc. e formando cittadini in grado di replicare alla perfezione gesti e azioni ma incapaci di operare scelte consapevoli del proprio contesto ambientale e continuamente all’altezza delle sfide e dei problemi che lo sviluppo economico e culturale recano con se, obiettivo proprio dell’educazione ambientale. Lo stesso dicasi per tutte le altre comunità educanti. Ancora, pensiamo a quale ruolo potrebbe assumere la nostra figura in qualità di consulente per altre istituzioni come i Comuni, impegnati spesso in campagne di sensibilizzazione per indurre i propri cittadini ad utilizzare meglio le risorse comuni come l’acqua, l’energia elettrica ecc., che richiedono un lavoro di progettazione competente ed educatori in grado di formare adeguatamente i cittadini. Se in alcune regioni virtuose come l’Emilia Romagna (non a caso la prima firmataria di questa legge è Emiliana) ad occuparsi di questo sono proprio coloro che dovrebbero farlo, ovvero i CEA, per molte altre non è così e queste azioni, seppur mosse da buone intenzioni, si tramutano in un impegno economico al quale non fa fronte una presa di coscienza da parte dei cittadini proprio a causa del ricorso a personale non competente. Ancora oggi infatti, purtroppo, ci scontriamo con un’idea diffusa secondo la quale di ambiente tutti sono esperti e per occuparsi di educazione ambientale uno vale l’altro; con questa legge potrà non essere più così. Per quanto riguarda i percorsi di studio poi, c’è da aspettarsi che, fatta la professione, si faccia anche l’indirizzo di laurea ed è quello che che ci auspichiamo perchè se è vero, come affermato prima, che la formazione naturalistica da sola non basta a fare un educatore, è anche vero che quella pedagogica, da sola, non basta a fare un educatore ambientale. Attualmente da qualunque percorso di studi si provenga non si è formati adeguatamente e si cerca di arginare le proprie lacune ricorrendo a corsi privati, spesso molto costosi e non certificati. Le opportunità dunque ci sono ma fare in modo che divengano concrete è tutt’altro discorso. Quello che è certo è che questa legge può rappresentare un punto di partenza che ci apre nuove strade e ci offre nuovi interlocutori ma non saremo in grado di percorrerle se a questo primo passo non faremo seguire quello altrettanto fondamentale di riconoscerci in questa categoria, individuare obiettivi comuni e fare rete.

 

5 risposte a "Riconosciuta la figura dell’educatore ambientale"

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  1. Ringrazi Ilaria per questo splendido articolo. Io svolgo questa professione da 30 anni e avrei bisogno di contatti con altri proprio per capire come poterci muovere nella direzione del riconoscimento di questa competenza professionale.

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