Riporto di seguito il mio articolo pubblicato dalla rivista di cultura ambientale NaturAlis, edita dall’Associazione ARDEA. Il progetto NaturAlis, di cui ho l’onore di far parte, nasce dall’esigenza di sensibilizzare il più ampio numero di persone possibile al rispetto degli equilibri naturali e all’assunzione di stili di vita più sostenibili. L’obiettivo primario della rivista è quello di colmare la distanza tra uomo e natura attraverso la conoscenza e la cultura ambientale, ricordando a tutti che l’uomo non è vicino alla natura, esso ne fa parte! Potete sfogliare la rivista on line o scaricarla dal sito di ARDEA all’indirizzo http://www.ardeaonlus.it/naturalis-n-0/ Buona lettura!
LA SOSTENIBILITÀ: UNA QUESTIONE CULTURALE
“Non riceviamo la terra in eredità dai nostri padri, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli”. Con queste poche, semplici parole gli indiani d’America ci hanno spiegato meglio di chiunque altro un concetto che ogni persona, adulto o bambino, dovrebbe conoscere a fondo ma che purtroppo è scomparso, cancellato, abbattuto a colpi di industrializzazione. Eppure noi tutti, fino a pochi anni fa, sapevamo quale fosse il suo significato perché lo sperimentavamo nella nostra vita quotidiana fin da bambini. Molti di noi da piccoli non ricevevano che un giocattolo all’anno, chi a Natale, chi in occasione dell’Epifania, e sapevamo che se lo avessimo guastato non ne avremmo ricevuto un altro prima della festa successiva; così lo custodivamo con cura e facevamo in modo che durasse per tutto il tempo necessario. Eravamo sostenibili. Sapevamo che le risorse a nostra disposizione non si rigeneravano prima di un certo tempo e che andavano quindi usate con parsimonia per dar loro il tempo di rinnovarsi. La sostenibilità è proprio questa: utilizzare le risorse facendo in modo che esse restino disponibili per le generazioni che verranno dopo di noi. Acqua, cibo, suolo, aria, materie prime sono tutti beni che la terra ci mette a disposizione rigenerandoli attraverso complessi cicli biogeochimici con tempi estremamente differenti. Conoscere questi tempi significa essere in grado di gestire in maniera sostenibile le risorse. Il caso dell’acqua dolce è emblematico: essa è soltanto un’infinitesima porzione del totale dell’acqua presente sul nostro pianeta e per rigenerarsi ha bisogno di tempi relativamente lunghi. Noi ne usiamo/sprechiamo talmente tanta (la maggiore quantità è impiegata nel settore industriale) che non le diamo il tempo di rigenerarsi ed essa sta finendo, causando siccità, desertificazione, esaurimento delle falde e delle sorgenti ecc. In altre parole ne facciamo un uso insostenibile. Ma la sostenibilità è un concetto che possiamo applicare ad ogni ambito della nostra vita quotidiana, cibo compreso. Essere sostenibili è un approccio mentale, ne più ne meno che una pura questione culturale. Perché allora non lo siamo? Semplice, perché nessuno ci educa ad esserlo. Siamo troppo abituati ad aprire il rubinetto e a ricevere tutto ciò che ci serve senza porci le giuste domande: da dove viene questo oggetto? Quanto è costato in termini economici? Ed ambientali? Sociali? Ce lo insegnano già da bambini, dandoci tutto ciò che chiediamo e togliendoci il piacere del desiderio, dell’attesa, dei momenti magici in cui si riceve qualcosa e spogliando gli oggetti di qualsiasi importanza. E’ necessario dunque invertire la rotta e recuperare quella cultura della sostenibilità che è sempre stata cara all’uomo prima dell’avvento dell’industrializzazione. Farlo è tanto semplice quanto necessario. Tra un mese è Natale, cominciamo da qui. Rifiutiamo i cibi e i prodotti di grandi industrie e multinazionali, riappropriamoci del nostro piccolo grande artigianato, scegliamo cibi locali a chilometro zero, mangiamo un po’ meno ma meglio e ricordiamo che la felicità non è fatta dalla quantità. Ne per noi, ne per i nostri bimbi, che riceverebbero volentieri un regalo in meno in cambio di un po’ di tempo in più con mamma e papà.
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